Musica e spettacoli
NEL 1990 UN RAGAZZINO DI 11 ANNI E’ COSTRETTO AD ABBANDONARE L’IRAN DEVASTATO DALLA REPRESSIONE KHOMEINISTA. UN ANNO DOPO IL PADRE, PRIGIONIERO POLITICO DA 8 ANNI, VIENE ASSASSINATO IN CARCERE. LA MUSICA DI JOHANN SEBASTIAN BACH E’ IL SUO UNICO RIFUGIO E ALLA FINE ANCHE LA SUA SALVEZZA. GRAZIE A UNA BORSA DI STUDIO STUDIA AL CONSERVATORIO DI MILANO E DIVENTA UNO DEI PIU’ ACCLAMATI ESECUTORI DEL MAESTRO DI EISENACH. RAMIN BAHARAMI SUONA E SI RACCONTA IN UN CONCERTO SPETTACOLO INSIEME AL NUOVO TRIO ITALIANO D’ARCHI AL 61° FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE DI BERGAMO E BRESCIA.
di Francesco Cecconi
Il 61° Festival Pianistico Internazionale di Bergamo e Brescia ha visto tra i suoi protagonisti il pianista Ramin Bahrami uno dei più quotati interpreti bachitimi decenni. Questa volta però l’artista di origini iraniane ha “tradito” il genio musicale di Eisenach a favore dei “viennesi” Mahler e Mozart nell’ambito di una manifestazione intitolata “Vienna Skyline” dedicata ad Anton Bruckner e un concerto+spettacolo intitolato “Come la musica mi ha salvato”, dedicato all’esperienza musicale e di vita del pianista. Accompagnato dal Nuovo Trio Italiano d’Archi, formidabile sodalizio composto da Alessandro Milani (violino), Luca Ranieri (viola) e Pierpaolo Toso (violoncello), Bahrami si è esibito presso il refettorio del Museo Diocesano di Brescia dopo che lo scenografico chiostro dove inizialmente era previsto il concerto, è risultato inagibile a causa del maltempo. Poco male, visto che la sala per dimensioni e per acustica è certamente più adatta ad accogliere questo genere di concerti.
Si inizia con un “Antipasto” di gran classe con l’esecuzione del “Quartetto in la minore per pianoforte e archi ”nicht zu schenll” (non troppo veloce) composto ed eseguito nel 1876 da un giovane Gustav Mahler ancora studente di conservatorio e poi finito nel dimenticatoio per quasi un secolo. La sua prima esecuzione moderna risale al 1964 a New York nell’interpretazione di Peter Serkin e del Galimir Quartet. Il brano, uno dei pochi cameristici di Mahler, risente dell’influenza di Brahms con temi distinti che partendo da uno sviluppo musicale “inquietante” approda all’appassionante finale.
GUSTAV MAHLER – QUARTETTO IN LA MINORE PER PIANOFORTE E ARCHI
La seconda esecuzione della serata ha visto invece come assoluto protagonista IL NUOVO TRIO ITALIANO D’ARCHI che, rifondato nella sua formazione attuale nel 2018, ha raccolto l’eredità e il nome da una precedente prestigiosa esperienza di ensemble avviata nel 2004. Formato da prime parti dell’Orchestra Nazionale della RAI di Torino, il gruppo affronta un repertorio piuttosto ampio che spazia tra il classicismo e il secondo 900. In questa occasione il gruppo ha riproposto la sua collaudata esecuzione del “Trio per violino, viola e violoncello” composto nel 1985 da Alfred Schnikkte compositore russo-sovietico ma di formazione viennese. Fondamentali i suoi studi giovanili nella capitale austriaca tra il 1946 e il 1948 (dove ritornò da insegnante nel 1990), prima di approdare al Conservatorio di Mosca. Al pari di altri artisti giudicati poco convenzionali della sua epoca, Schnikkte subì non poche pressioni e ostracismi dalla nomenklatura culturale di regime e dalle autorità sovietiche che in più occasioni gli impedirono di andare all’estero per promuovere la sua musica. Mutata con Gorbaciov la situazione politica dell’URSS, il compositore ebbe la possibilità di far conoscere il suo lavoro anche in occidente. Il trio per archi commissionatogli per commemorare il centenario della nascita di Alan Berg è del 1985 e ne ricorda lo stile compositivo. In questa composizione della durata di poco meno di mezz’ora, gli strumenti vengono sollecitati fino al limite delle possibilità fisiche, con rimandi, in omaggio e ricordo della sua formazione viennese, a Mozart, Schubert e Mahler. Da notare anche una citazione del verdiano “Va pensiero” al minuto 7.10 dell’esecuzione. La composizione non è di “facile” ascolto, la complessità della partitura esige esecutori di prim’ordine e il Nuovo Trio Italiano d’archi affronta la prova con estrema autorevolezza.
ALFRED SCHNIKKTE – TRIO PER VIOLINO, VIOLA E VIOLONCELLO
A questo punto della serata la musica cede il posto alla parola. Sollecitato dal musicologo Marco Bizzarini il maestro Bahrami parla di musica, in particolare del suo amatissimo Johann Sebastian Bach, “conosciuto” da giovanissimo e mai più abbandonato. Sul grande maestro di Eisenach, nel 2012, ha anche scritto un libro: “Come Bach mi ha salvato la vita” che fin dal titolo rivela la simbiosi con il compositore tedesco. Immaginiamo un ragazzino che nel giro di pochi anni perde tutto: una Patria devastata dal terrore teocratico khomeinista e un genitore che viene arrestato nel 1983 e assassinato in carcere otto anni dopo, quando lui ha già dovuto prendere la via dell’esilio. Questo ragazzino trova nella musica di Johann Sebastian Bach motivo di conforto, di riscatto e soprattutto di sopravvivenza. “Ogni volta che suono una nota diversa da quelle di Bach mi sento un infedele” confessa il maestro . Bahrami è uno degli esecutori bachiani più apprezzati degli ultimi venti anni e le sue interpretazioni già da lungo tempo hanno fatto scuola. Ciò non esclude che egli non possa esprimersi al meglio anche con altri autori classici come Schubert, Chopin e gli altri autori classici del XIX secolo.
“COME LA MUSICA MI HA SALVATO”. DIALOGO DI RAMIN BAHRAMI CON MARCO BIZZARINI
Sulla situazione politica del suo Paese, che continua a chiamare “Persia” non usa mezzi termini parlando delle brutture di un regime che ha trasformato un segmento importante e vitale della cultura indoeuropea in un luogo triste e ringraziando l’Italia che gli ha offerto l’opportunità di approfondire la sua preparazione musicale e di una nuova vita. Il momento forse più intenso della conversazione si è avuto quando l’intervistatore ha chiesto a Bahrami se la musica può aiutare anche le persone che devono convivere con una malattia. “Io convivo con un’amica/nemica che si chiama sclerosi multipla da venti anni” ha risposto il maestro “è una malattia un po’ scomoda, è una malattia “creativa” che ti fa vedere gli alti e i bassi della vita. Del resto solo la politica e le Banche sono sempre al 100%” chiosa ironicamente al termine della risposta. Sull’attuale situazione in Iran e di una sua evoluzione in senso antiautoritario il maestro è decisamente pessimista: “Ormai vedendo ciò che accade ho perso la speranza. Non c’è voglia da parte della politica globale e dei Paesi occidentali di cambiare le cose”. La conversazione si chiude con un rimando alla tecnologia e all’ IA che sempre di più caratterizza la vita e i rapporti interpersonali e anche in questo caso la musica è vista come un argine a quella che è considerata una vera e propria invasione di campo: “la musica in questo ha una funzione fondamentale. Con la musica impariamo ad ascoltarci e a rispettarci”.
WOLFGANG AMADEUS MOZART – QUARTETTO PER PIANOFORTE N.1 IN SOL MINORE K 478
L’esecuzione del quartetto per pianoforte n.1 in sol minore K 478 di Wolfgang Amadeus Mozart nei tempi Allegro, andante, rondò, ha concluso il programma ufficiale della serata. Composto dal musicista salisburghese nel 1785 su commissione dell’editore Hoffmeister, il K 478 è il primo dei tre da lui scritti negli ultimi anni della sua esistenza. Dopo la pubblicazione di questo concerto l’editore si convinse che le partiture di Mozart fossero troppo complesse per il mercato musicale “amatoriale” al quale erano destinate e revocò al musicista la commissione per gli altri due. Mozart però, entusiasta di questa insolita “sperimentazione” con il pianoforte al posto del quarto strumento arco, compose autonomamente anche gli altri due. Piuttosto lineari nello svolgimento l’allegro e il rondò, la bellezza e l’espressività di questo quartetto sta soprattutto nel movimento di mezzo, quell’andante che fa dialogare gli strumenti in maniera solo apparentemente semplice, come Mozart sa fare, e che riesce a trasportare l’ascoltatore in una dimensione ben lontana dall’atmosfera di una sala da concerto. Anche in questo caso l’esecuzione impeccabile e ispirata di Bahrami e del Nuovo Trio Italiano ha riscosso l’applauso del pubblico bresciano che ha tributato all’ensemble un lungo applauso e la richiesta di bis per il pianista che anche in questo caso ha “tradito” Bach eseguendo la “Grande valse brillante” op. 18 di Frédéric Chopin, composizione tra le più conosciute del musicista polacco con la quale si è conclusa una bella serata di musica e di parole che lasciano il segno.