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50 ANNI FA LE ULTIME PAROLE DI SALVADOR ALLENDE A RADIO MAGALLANES

Storia

11 settembre 1973. Allende e la sua scorta durante il golpe.

 

UN PRESIDENTE E POCHI FEDELISSIMI RESISTONO FINO ALL’ULTIMO ALL’ATTACCO DEI GOLPISTI.  LA RADIO E’ IL LORO UNICO CONTATTO CON L’ESTERNO. LE ULTIME PAROLE DI SALVADOR ALLENDE TRASMESSE DA RADIO MAGALLANES L’11 SETTEMBRE 1973.

di Francesco Cecconi

Cinquanta anni fa un colpo di Stato attuato dai militari cileni ma ispirato e sostenuto dai servizi segreti nord americani metteva fine alla presidenza di Salvador Allende. Il leader socialista, dopo anni di opposizione, era stato eletto nel 1970 ed aveva dato vita al primo esecutivo di sinistra in un Paese dell’America Latina. Quasi tutti i Paesi del continente erano già governati da dittature militari o fasciste. Tre anni dopo anche l’Argentina che aveva provato a darsi un regime democratico avrebbe subito la stessa sorte.

Il controllo degli Stati Uniti sul “cortile di casa”  latino americano era ferreo. La spina nel fianco di una Cuba filo sovietica aveva determinato un irrigidimento del controllo nord americano sull’intero continente determinando pesanti ingerenze politiche, militari ed economiche in tutta l’America Latina. In tale contesto la vittoria di Allende e del fronte delle sinistre provocò uno shock fortissimo a Washington e nei governi alleati, ma la cosa peggiore, almeno dal loro punto di vista, fu che Allende e il suo governo misero davvero in atto le riforme promesse a partire dalla nazionalizzazione delle ingenti risorse minerarie, in particolare il rame, del Paese che fino a quel punto aveva tratto ben pochi vantaggi dal loro sfruttamento visto che erano in mano a Compagnie straniere che lasciavano ben poco degli enormi ricavi derivanti dalle attività estrattive.

La nazionalizzazione dell’estrazione del rame

 

La destabilizzazione di Allende iniziò subito. Boicottaggio delle attività economiche, blocchi e scioperi pretestuosi nelle catene di distribuzione delle merci e dei trasporti misero in difficoltà l’esecutivo di Allende fin dai primi mesi il suo  governo che tuttavia andò avanti col suo programma fino all’11 settembre 1973 quando il golpe attuato dalle forze armate pose fine a questo inedito esperimento politico in America Latina. 

Dell’assalto al palazzo presidenziale e dell’ultima strenua difesa di Allende e della sua guardia del corpo sono state diffuse nel tempo immagini e filmati. In Italia queste vicende furono raccontate da Italo Moretti inviato RAI per l’America Latina. Secondo le ricostruzioni ufficiali il presidente Allende si sarebbe suicidato poco prima della caduta del palazzo della Moneda per non cadere vivo nelle mani dei golpisti, ma su questa verità ufficiale sono stati sollevati molti dubbi. Prima di morire però Salvador Allende, attraverso Radio Magallanes,  lanciò il suo ultimo appello ai democratici cileni e al mondo, un vero e proprio testamento spirituale che in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte vogliamo riproporvi.

L’ULTIMO APPELLO DI SALVADOR ALLENDE DA RADIO MAGALLANES

Questa la traduzione delle ultime parole di Salvador Allende:

Compatrioti: è possibile che blocchino le radio e devo salutarvi. In questo momento passano gli aerei. È possibile che ci colpiscano. Ma sappiano che siamo qui, per lo meno con questo esempio, per segnalare che in questo Paese ci sono uomini che sanno mantener fede alle promesse che hanno fatto. E lo farò per mandato del popolo e per la volontà cosciente di un presidente che sente la dignità del proprio incarico.

Forse questa è l’ultima opportunità per rivolgermi a voi.

La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Portales e Radio Corporaciòn. Le mie parole non contengono amarezza, ma delusione e saranno queste parole il castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento che hanno fatto, soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino che si è autonominato; il signor Mendoza, generale spregevole che fino a ieri ha manifestato la sua solidarietà e lealtà al governo e che si è nominato anche direttore generale delle Guardie.
Davanti a questi avvenimenti voglio dire ai lavoratori solo una cosa: io non mi arrenderò. Collocato in questa situazione storica io pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico che sono certo che il seme che depositeremo nella coscienza dignitosa di tanti e tanti cileni non potrà essere estirpato definitivamente.
Costoro posseggono la forza, potranno sottometterci, ma non è con il crimine, né con la forza che si guidano i processi sociali. La storia è nostra e la fa il popolo.

Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che sempre avete manifestato, per la fiducia che avete riposto in un uomo che si è fatto solamente interprete dei grandi desideri di giustizia e che ha impegnato la sua parola nel rispetto della Costituzione e della legge, e lo ha fatto. Spero che capiate la lezione.
Il capitale straniero, l’imperialismo, unito alla parte reazionaria, ha creato il clima nel quale le Forze Armate rompessero le loro tradizioni, quelle tradizioni che erano state di Schneider e che erano state ribadite dal comandante Araya, ambedue vittime delle forze sociali, della stessa gente che ora se ne sta in casa aspettando di riconquistare il potere attraverso degli intermediari per continuare a difendere i propri profitti e privilegi.

Mi rivolgo soprattutto alle semplici donne della nostra terra, ai contadini che credono in noi, agli operai che lavorano, alle mamme che conoscevano le nostre preoccupazioni per i loro figli. Mi rivolgo a coloro che esercitano professioni liberali e che hanno mantenuto una condotta patriottica, a coloro che già da qualche giorno lottano contro la sedizione promossa dalle unioni professionali, anche in questo caso per difendere i vantaggi che la società capitalista conferisce ad una cerchia ristretta.

Mi rivolgo ai giovani, a coloro che hanno cantato e hanno portato la loro allegria e il loro spirito di lotta; mi rivolgo all’uomo cileno, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a coloro che saranno perseguitati perché nel nostro Paese il fascismo già è stato presente molte volte negli attentati terroristi, facendo esplodere ponti, tagliando le reti ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, davanti al silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere (…). Li giudicherà la storia.

Sicuramente Radio Magallanes è stata ridotta al silenzio e la mia voce non vi giunge più. Non importa, continuerete ad ascoltarmi perché io starò sempre con voi, per lo meno il ricordo di me sarà quello di un uomo degno che è stato leale con la Patria. Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi annientare, ma non si deve nemmeno umiliare.
Lavoratori della mia Patria: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno il momento cupo e amaro, quel momento in cui è il tradimento a voler imporsi. Dovete sapere che presto si apriranno grandi viali dove passerà l’uomo, libero di costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo, viva i lavoratori!

Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il sacrificio non sarà vano. Sono sicuro che, per lo meno, ci sarà una sanzione morale che castigherà la codardia
e il tradimento…».

Salvador Allende